SMART2GO #23.11

La Mobilità è una forma di consumo di suolo. Muovendoci con i nostri mezzi privati o tenendoli parcheggiati a bordo strada usiamo uno spazio che è di tutti. I pedaggi e le tariffe dei parcheggi oggi non tengono conto del fatto che ormai certe automobili arrivano ad occupare il doppio di spazio degli altri. Va poi ricordato che i veicoli privati restano fermi e parcheggiati il 90% della loro vita.

Ecco i topics della Newsletter di novembre:

La cultura della “macchina”

La corrispondenza tra i termini “macchina” e “automobile” esiste nella lingua Italiana ma non nelle altre maggiori lingue europee (inglese, francese e tedesco). Questo la dice lunga sull’intima connessione che si è stabilita tra gli italiani e l’auto. Una connessione “morbosa” che oggi si rivela estremamente difficile da smontare. In realtà anche la bicicletta è una macchina ovvero “un congegno rispondente a determinati requisiti tecnologici, destinato allo svolgimento di un lavoro con notevoli margini di vantaggio“.

Se facciamo riferimento al XX secolo, l’Italia degli anni ’30 del secolo scorso era un paese caratterizzato da un diffusissimo utilizzo della bicicletta (3,5 milioni nel 1933), dalla presenza di tramvie urbane ed extraurbane in gran parte elettriche e da ferrovie al massimo della loro diffusione con oltre 23.000 chilometri di rete, senza contare i quasi 723.000 veicoli con trazione animale che da soli contavano molto di più degli autoveicoli e motoveicoli messi insieme.

Nel secondo dopoguerra lo scenario cambiò rapidamente a favore della mobilità motorizzata di massa, prima a due poi a quattro ruote. Dal 1955 la curva di crescita delle automobili, trainata dalla Fiat, assunse un andamento esponenziale, accompagnata da un massiccio potenziamento delle autostrade e generando un enorme indotto economico diretto ed indiretto (officine e servizi di manutenzione, attività assicurative e creditizie, ecc.).

Cresceva anche il trasporto su camion, tanto da passare tra il 1958 e il 1995 dal 63 al 73%, mentre il treno scendeva dal 25 al 9%. Il “miracolo economico” ebbe ripercussioni anche a livello urbanistico: dagli anni ‘70 la realizzazione di nuovi appartamenti è stata quasi sempre associata a quella di garage e la proliferazione di centri commerciali e artigianali nelle periferie, dotati di ampi parcheggi, non ha fatto altro che incentivare il trasporto automobilistico privato. La crescita abnorme di nuovi complessi residenziali suburbani ha fatto il resto, creando non pochi squilibri anche dal punto di vista sociale.

Il settore dei trasporti è così diventato uno dei principali consumatori di energia, ma al tempo stesso fulcro di un enorme sistema economico e sociale legato, come rivela il Conto nazionale delle infrastrutture e dei trasporti realizzato ogni anno dal MIT, alla vendita delle auto e alle spese di esercizio e manutenzione ordinaria e straordinaria. Una dipendenza che ha forti ripercussioni non solo sull’ambiente e la salute (es. costi sanitari e decessi, compresi quelli prematuri), ma anche sul portafoglio (terza voce di spesa per le famiglie, Istat, 2018), tuttavia assai difficile da scardinare (oltre l’80% degli spostamenti avviene tramite mezzi a motore privati, report Istat 2017).

Per cercare di ridurre questi fenomeni, nel corso degli anni a livello urbano si è cercato, non di rado purtroppo in maniera poco coordinata, di portare avanti alcune azioni tra cui:

  • sviluppo della mobilità pedonale e ciclabile;
  • potenziamento e razionalizzazione dei mezzi pubblici attraverso incentivi e campagne di comunicazione;
  • pianificazione della mobilità aziendale e territoriale (mobility management);
  • gestione della domanda attraverso limitazioni della circolazione veicolare (es. istituzione di Zone a traffico limitato, restrizioni per alcune categorie di diesel) e introduzione di servizi di condivisione (bike e car sharingcar pooling, ecc.) per ridurre il numero dei veicoli in circolazione.

Bisogna fin da subito mettere in chiaro che l’utilizzo dell’auto anche quando se ne potrebbe fare a meno è il più delle volte indice di cattive abitudini e pigrizia fisica e mentale. Che ci spinge a non camminare per distanze inferiori a due chilometri, a non consultare percorsi e orari dei mezzi di trasporto pubblico, a lamentarci quando vengono indetti blocchi della circolazione. Le stesse analisi sui trasporti si concentrano sugli aspetti ingegneristici ed economici, trascurando quelli socioculturali, che giocano un ruolo determinante nelle abitudini di spostamento. L’obiettivo non è certo quello di tornare a un mondo privo di motori, ma semplicemente ridurre l’utilizzo di auto e moto allo stretto necessario, in un’ottica di consumo consapevole oggi pressoché sconosciuto.

In Italia purtroppo gli ostacoli culturali alla mobilità sostenibile pesano tanto quanto la carenza di servizi ed infrastrutture alternative all’auto privata, generando quel circolo vizioso per il quale i servizi pubblici non vengono potenziati perché sono scarsamente utilizzati, ma se non vengono potenziati non possono essere sfruttati.

E’ quindi fondamentale impegnarsi per diffondere la cultura della mobilità sostenibile introducendo una nuova concezione degli spazi urbani all’interno dei quali i cittadini possano muoversi e riappropriarsi dei luoghi che sono stati sottratti a favore delle automobili.

SMART 2 GO #22.25

Le città si stanno attrezzando con piste ciclabili per favorire il ricorso alla mobilità leggera. Tuttavia gli investimenti infrastrutturali non sono sufficienti se non vengono accompagnati dalla diffusione di una nuova cultura della mobilità e di un’equa condivisione degli spazi comuni tra tutti gli utenti, comprese le strade.

Ecco i topics della Newsletter di dicembre:

La città ciclabile

Nel 2021 le città hanno lavorato con grande impegno e passione sulla mobilità sostenibile rafforzando gli interventi sulla ciclabilità, credendo in una alternativa possibile, assecondando un cambiamento inarrestabile di abitudini che sta prendendo sempre più piede come dimostrano i dati di circolazione e di accesso alle ZTL nei principali centri urbani.

Da nord al centro al sud, le due ruote e la micromobilità sottraggono spazio alle automobili per restituirlo alle persone. Anci ha voluto raccontare questo cambiamento, supportando i Comuni che vorrebbero realizzare tali interventi con un video racconto dedicato.

L’uso della bicicletta nelle città deve essere sempre più promosso e deve diffondersi su tutto il territorio nazionale, se si vuole veramente cambiare il modo di muoversi. E’ un target importante del Piano di Ripresa e Resilienza che i Comuni si accingono ad attuare. Le corsie ciclabili, le case avanzate, il doppio senso per i ciclisti, le strade ciclabili e le zone scolastiche sono provvedimenti che facilitano il raggiungimento di questo risultato. E’ possibile cambiare il volto delle nostre città.