Parma Green Week

Il Festival della Green Economy torna a Parma dal 5 al 7 aprile. La nuova edizione si presenta ancora più ricca e convolgente grazie alla presenza di relatori d’eccellenza insieme ad un articolato programma di eventi.

La Green Week vede tra i protagonisti i più importanti esponenti dell’economia, della finanza, e delle istituzioni attenti ai temi della sostenibilità. Il programma è strutturato in sette sezioni tematiche, ciascuna composta da quattro incontri, dedicati ai legami tra sostenibilità e diversi settori industriali, tra cui la filiera agroalimentare, la moda e il tessile e abbigliamento, l’edilizia e infrastrutture, e altri ancora.

La nuova edizione della Green Week prenderà il via ufficialmente venerdì 5 aprile, ma in realtà già giovedì 4 aprile alle 21.00 nell’Area Talk di Piazza Garibaldi a Parma si terrà un evento di anticipazione in cui Carlos Moreno, direttore scientifico “Innovazione territoriale imprenditoriale” alla Sorbonne Business School di Parigi e autore del libro “La città dei 15 minuti”, esplorerà nuove prospettive urbane per promuovere la sostenibilità.

In occasione del Festival della Green Economy, sabato 6 aprile avrà luogo la cerimonia di assegnazione del premio Green Book 2024 che verrà conferito ad uno dei 5 libri finalisti selezionati lo scorso 5 marzo da un comitato di esperti. Il libro vincitore sarà selezionato attraverso una giuria di 200 persone della quale anche io ho fatto parte.

I cinque testi finalisti che saranno sottoposti alla Giuria dei lettori sono:

  • Ruggero Rollini, Stefano Bertacchi e Simone Angioni, Quello che sai sulla plastica è sbagliato (Gribaudo)
  • Leonardo Becchetti, Guarire la democrazia (minimum fax)
  • Serenella Iovino, Gli animali di Calvino (Treccani)
  • Gianluca Lentini, La Groenlandia non era tutta verde (Egea)
  • Massimo Zamboni, Bestiario selvatico (La nave di Teseo)

Il Premio si propone di favorire le produzioni editoriali, con particolare attenzione alla qualità della scrittura, che raccontino e analizzino il mondo della green economy, sia sotto l’aspetto delle problematiche legate al clima, che più specificatamente ai temi dell’energia, del fashion, dell’alimentazione, delle tecnologie, della mobilità, delle infrastrutture e dell’abitare, dell’inquinamento, del consumo di suolo e della sostenibilità sociale.

I libri si sono rivelati tutti molto interessanti e diversi tra loro. Tutti e cinque i testi raccontano sotto un diverso profilo la sostenibilità sociale ed ambientale, offrendo al lettore profonde riflessioni surrogate da dati scientifici, osservazioni e considerazioni sull’attuale “sistema mondo“.

Premio Green Book 2024

La scorsa settimana mi è stata notificata l’accoglienza della mia candidatura a far parte della Giuria che dovrà assegnare il premio Green Book 2024 in occasione del Festival della Green Economy che si svolgerà a Parma dal 5-7 aprile 2024.

Avevo ricevuto a febbraio un invio a candidarmi a questa giuria di 200 persone e confesso di aver accettato più per curiosità che per convinzione. Non pensavo infatti di essere davvero selezionato per questo impegnativo compito.

Si tratta infatti di un compito certamente impegnativo perché i 5 libri finalisti selezionati sono molto corposi e densi di contenuti impegnativi, ma anche e soprattutto perché i testi sono tra loro molto diversi e non sarà affatto facile individuare quello più meritevole.

Nelle prossime settimane sicuramente non avrò modo di annoiarmi (cosa che peraltro ultimamente sta avvenendo di rado) perché sarò impegnato nella lettura (e in qualche caso nella comprensione tecnica) di questi interessantissimi libri.

Dovrò quindi rinunciare ad elaborare alcuni approfondimenti sui temi della Mobilità Sostenibile per immergermi nell’ancor più vasto e articolato mondo della Sostenibilità della vita umana per il nostro Pianeta.

Sono decisamente gratificato dall’incarico che mi è stato assegnato perché sarà certamente un’occasione di arricchimento personale e di ulteriore presa di coscienza della questione “Sostenibilità“. Il minimo che posso fare, oltre ad impegnarmi per svolgere al meglio delle mie possibilità questo compito, è quello di condividere questa opportunità di arricchimento, raccontando qualcosa sui contenuti e le questioni che emergeranno dalla lettura di questi cinque libri.

Il premio Green Book

Il Premio si propone di favorire le produzioni editoriali, con particolare attenzione alla qualità della scrittura, che raccontino e analizzino il mondo della green economy, sia sotto l’aspetto delle problematiche legate al clima, che più specificatamente ai temi dell’energia, del fashion, dell’alimentazione, delle tecnologie, della mobilità, delle infrastrutture e dell’abitare, dell’inquinamento, del consumo di suolo e della sostenibilità sociale.

Il Premio ha lo scopo di favorire una crescita culturale, promuovendo una moderna cultura della sostenibilità in grado di stimolare lo sviluppo del tessuto industriale italiano.

Il Comitato dei Selezionatori ha selezionato le opere finaliste entro il 7 marzo 2024 e la Giuria dei Lettori sarà chiamata a votare nel corso del Festival della Green Economy, che si tiene a Parma nell’ambito della Green Week, in programma dal 5 al 7 aprile 2024.

I cinque libri finalisti

I cinque testi finalisti che saranno sottoposti alla Giuria dei lettori sono:

  • Ruggero Rollini, Stefano Bertacchi e Simone Angioni, Quello che sai sulla plastica è sbagliato (Gribaudo)
  • Leonardo Becchetti, Guarire la democrazia (minimum fax)
  • Serenella Iovino, Gli animali di Calvino (Treccani)
  • Gianluca Lentini, La Groenlandia non era tutta verde (Egea)
  • Massimo Zamboni, Bestiario selvatico (La nave di Teseo)

Quello che sai sulla plastica è sbagliato

Il libro si propone di sfatare alcuni miti e falsità sulla plastica, un materiale molto diffuso e controverso, e di fornire informazioni scientifiche e aggiornate sulle sue origini, proprietà, usi, riciclo e impatto ambientale.

Il testo è diviso in quattro capitoli, ognuno dedicato a un aspetto della plastica:

  • Un mondo di plastica: racconta la storia e la chimica della plastica, le sue diverse tipologie e applicazioni, e i simboli e le normative che la riguardano.
  • Indovina chi viene smaltito: illustra il ciclo di vita della plastica, le sue fonti di approvvigionamento, le sue modalità di produzione, consumo e smaltimento, e le sue conseguenze sull’ambiente e sulla salute.
  • Le bioplastiche e altre “biocose”: esplora il mondo delle bioplastiche, ovvero le plastiche derivate da fonti rinnovabili o biodegradabili, le loro caratteristiche, vantaggi e limiti, e le sfide tecnologiche e normative che le accompagnano.
  • Il trono di plastica: riflette sul ruolo della plastica nella società, le sue opportunità e le sue responsabilità, e propone alcune soluzioni e buone pratiche per ridurre il suo impatto negativo e valorizzare il suo potenziale positivo.

Guarire la democrazia

Questo libro si propone di offrire delle vie d’uscita ai problemi, mali e contraddizioni del nostro sistema economico e sociale, basandosi sull’approccio dell’economia civile, una corrente di pensiero che pone al centro il valore della generatività, ovvero la capacità di creare beni materiali e immateriali che migliorano la qualità della vita individuale e collettiva.

Si articola in sei capitoli, che affrontano i seguenti temi: la transizione ecologica, il futuro del lavoro, la democrazia partecipativa, il ruolo delle istituzioni, il benessere equo e sostenibile e la felicità e si conclude con una sintesi delle soluzioni a livello personale, aziendale e aggregato, e con un invito all’azione per costruire una società più libera, giusta e solidale.

Le conclusioni finali offrono una sintesi delle soluzioni e delle proposte per costruire una società più giusta, solidale e sostenibile. Si tratta di azioni proposte a livello personale, aziendale e collettivo.


Gli animali di Calvino

Il testo esplora il rapporto tra la scrittura di Italo Calvino e la nozione di Antropocene, ovvero l’epoca geologica in cui l’impatto umano sul pianeta è diventato evidente e irreversibile. L’autrice analizza come Calvino abbia anticipato e rappresentato alcuni dei fenomeni e delle sfide dell’Antropocene, come le invasioni di specie aliene, le estinzioni di massa, le ingiustizie ambientali e sociali, e il ruolo degli animali nella vita e nella cultura.

Il libro è suddiviso in cinque capitoli, ognuno dedicato a un animale e a un tema dell’Antropocene. Gli animali sono: le formiche, i gatti, il coniglio, la gallina e il gorilla. I temi sono: le invasioni biologiche, la domesticazione, la sperimentazione, l’allevamento e la comunicazione. Il documento si conclude con un epilogo, dei ringraziamenti e una bibliografia.

La tesi dell’autrice è che Calvino sia uno scrittore ecologico, capace di mettere in relazione la fantasia e la realtà, l’umano e il non umano, il passato e il presente. Attraverso gli animali, Calvino ci offre una guida alla biosfera dell’Antropocene, mostrandoci le interconnessioni e le responsabilità che legano le diverse forme di vita sul pianeta.


La Groenlandia non era tutta verde

Il libro tratta il tema del cambiamento climatico, spiegando in modo chiaro e rigoroso le sue cause, le sue misure, i suoi effetti e le possibili azioni da intraprendere per mitigarlo e adattarsi.

Il testo è scritto sulla base delle evidenze scientifiche fornite dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e si ispira alle saghe nordiche che raccontano le esplorazioni e le colonizzazioni dei popoli scandinavi in Groenlandia e in America, e usa il nome della Groenlandia (Terra Verde) come metafora per illustrare le dinamiche climatiche del passato e del presente.

Ogni capitolo affronta una domanda chiave sul cambiamento climatico, usando esempi, dati, leggi e equazioni della matematica, della fisica e della chimica. L’ultimo capitolo è dedicato al negazionismo, del quale l’autore smonta alcuni luoghi comuni e falsità che circolano sul clima e sul cambiamento climatico, e fornisce gli strumenti per capire e contrastare le fonti di disinformazione.


Bestiario Selvatico

Si tratta di una raccolta di apologi narrativi, ovvero brevi storie a sfondo morale, in cui l’autore racconta i suoi incontri con animali alloctoni, ovvero provenienti da altre terre, che hanno invaso o ripopolato il territorio italiano per vari motivi. Ogni animale è descritto con curiosità, meraviglia e rispetto, e diventa uno specchio o un’ombra del vivere umano.

Il libro, scritto con uno stile fluido, poetico e ironico, mescola informazioni scientifiche, aneddoti personali, riflessioni filosofiche e citazioni letterarie. Il linguaggio è ricco, vario e suggestivo, con frequenti metafore, immagini e neologismi.

L’autore usa spesso il dialetto emiliano per dare colore e autenticità ai racconti ognuno dei quali descrive un animale con la sua storia, il suo significato e la sua sfida per l’ecosistema e per l’uomo.


L’egemonia culturale dell’Auto-Centrismo

Il caso “Bologna Città 30” sta alimentando il dibattito nazionale sulla Mobilità Sostenibile. Ma come sempre accade si finisce per sostenere o criticare la misura in sé, senza guardare in prospettiva, senza interrogarsi su “una visione“.

La questione della velocità in ambito urbano infatti è solo formale. Le zone 30 ci dicono che c’è un modo per “ripensare le strade” delle città, che oggi sono occupate per tre quarti da automobili private ferme. Il tema è l’equa distribuzione dello spazio urbano.

Tra i settori della transizione, la mobilità urbana sostenibile è forse l’unico nel quale si avverte chiara la spinta dal basso: quella determinata delle idee e degli umori, dei comitati e dei contro-comitati. Questo accade perché mobilità vuol dire uso dello spazio della città: a favore di chi, contro chi, è una dinamica facile, comprensibile.

Ogni misura che viene presa è anche l’infografica di se stessa, a volte ci sono in gioco la vita e la morte, la salute e la malattia, su tempi più stretti della crisi climatica. La mobilità è una palestra di conflitto ecologico aperta anche a pezzi di società che il conflitto di solito non lo praticano.

L’idea della città 30, adottata da Olbia come prima città italiana e poi da Bologna, è allo stesso tempo punto di arrivo e totem di questa elaborazione politica. Milano, nonostante le sue credenziali ecologiche, è ancora un baluardo dell’automobile. Il dibattito è tutto incentrato sulla velocità, quando invece l’obiettivo di questo modello (arrivato dal basso) è più ampio e andrebbe discusso nel merito. È un cambio di paradigma che non ha niente a che fare con la destra o la sinistra, non a caso l’amministrazione di Olbia è di centrodestra.

A livello nazionale però è un’altra storia: la piattaforma ruota intorno a una proposta di legge che non ha nessuna speranza di essere approvata. Il nuovo codice della strada rende solo la vita più difficile ai sindaci che vogliono provare a limitare la velocità. Ma ciò che conta è fare opera di sensibilizzazione, creare consenso intorno a questa idea che città più lente sono città più sicure, in cui si vive meglio.

Le pubbliche amministrazioni di ogni colore tendono a essere timide. In Italia non abbiamo un caso Parigi, un amministratore col coraggio di attuare un cambiamento su larga scala. Ma il problema principale è costituito dalla mancanza cronica di finanziamenti. Gli stanziamenti sono dispersi e senza una visione sistemica di come si vogliono le città del futuro. Il PNRR da questo punto di vista rappresenta un’occasione mancata.

La Ragionevolezza delle Zone 30

In Italia c’è un un politico in crisi di consenso personale e leader di una forza politica ormai ripiegata su stessa ed avvitata tra riti celtici ed evocazioni mariane, che cerca di “piazzare” come Governatori i propri futuri competitors.

Purtroppo questo politico è anche Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture ed ha deciso di avviare una crociata contro le “Zone 30” che si stanno diffondendo in numerose città italiane governate sia dal Centrodestra che dal Centrosinistra, ma soprattutto governate dal Buon Senso!

Impariamo da bambini il fatto che “andare piano” garantisca la nostra sicurezza e quella degli altri. Eppure, nel nome della “libertà di fare tutto quel che si vuole” Matteo Salvini si scaglia contro questa politica di mobilità che ovunque sia stata adottata sta generando risultati significativi in termini di sicurezza, vivibilità e sostenibilità.

E’ curioso che chi ha fatto della “sicurezza” il suo cavallo di battaglia, quando la “sicurezza” significa riconoscere che la propria libertà finisce quando comincia quella degli altri, allora non è più “sicurezza” ma ideologia da combattere.

Tutto questo però ci offre l’opportunità di rimarcare perché in ambito urbano, l’istituzione delle Zone 30 è una cosa più che ragionevole. E le ragioni sono davvero tante!

Una semplice ricerca su Google ci consente di verificare quante città in Europa hanno già introdotto le zone 30 e con quali risultati. Persino nell’ordinata Svizzera le “Zone 30” sono state introdotte in svariate città!

  1. Le Zone 30 migliorano la sicurezza stradale
  2. Le Zone 30 agiscono contro il rumore alla fonte
  3. Le Zone 30 rendono gli spostamenti a piedi sicuri e attrattivi
  4. Le Zone 30 consentono una rete ciclabile senza interruzioni
  5. Le Zone 30 rendono l’abitato più attrattivo
  6. Le Zone 30 migliorano la fluidità del traffico
  7. Le Zone 30 rendono il trasporto pubblico più attrattivo
  8. Le Zone 30 rivalorizzano lo spazio pubblico
  9. Le Zone 30 favoriscono un clima di rispetto sulla strada
  10. Le Zone 30 sono positive per il clima
  11. Le Zone 30 favoriscono l’attività fisica quotidiana
  12. Le Zone 30 sono positivo per l’economia

Nessun Sogno, solo Visione e Immaginazione

La Città senz’auto è davvero un sogno? Se ci guardiamo intorno non possiamo che concludere di sì. Il dato di fatto è che oggi non possiamo fare a meno di utilizzare anche l’automobile privata. Le nostre città non sono (ancora) organizzate per consentirlo. E quindi?

Se si continua ad affrontare la questione della mobilità sostenibile partendo dall’idea del “sarebbe bello ma non possiamo permettercelo” abbiamo fallito in partenza: perdiamo solo tempo. Solo che oltre a perdere tempo perdiamo anche il Pianeta, la nostra Salute e il nostro Futuro. Perdiamo come specie vivente, perché ci dimostriamo non così (darwiniamente) intelligenti.

Se invece ragioniamo della Città senz’auto come una Visione, allora le cose cambiano parecchio perché possiamo sfruttare quell’altra caratteristica che ci rende unici su questo pianeta: l’immaginazione.

Si tratta dunque di mettere a fuoco questa Visione e costruirla nel tempo mettendo in discussione le nostre tante abitudini quotidiane. Siamo talmente tanti che un piccolo sforzo da parte di ognuno di noi si traduce in un grosso risultato per la collettività.

Da un po’ di tempo quando visito una città, scatto le foto di edifici e monumenti dal basso verso l’alto perché provo fastidio nel ritrarre le automobili ammassate ai bordi dei nostri meravigliosi borghi. Immaginiamo come sarebbero i nostri splendidi centri storici con poche auto limitate all’uso essenziale e quindi quasi sempre in movimento.

Non dobbiamo certo immaginare la totale scomparsa delle automobili, ma semplicemente un loro utilizzo più funzionale (molte meno auto ma in maggior movimento), aprendoci al cambiamento ed accogliendolo come una opportunità ed un vantaggio individuale e collettivo (anche economico).

Partiamo da una situazione molto comune, quella di una famiglia che con uno/due figli e che abita in una città italiana di medie dimensioni e dispone di due automobili. E proviamo a rispondere in modo pratico alla domanda “Perchè non posso rinunciare a possedere una mia auto personale?“.

La giornata è sempre molto serrata: i figli devono essere accompagnati a scuola, i genitori devono poter raggiungere il luogo lavoro e poi tornare. Poi ci sono le commissioni da fare (farmacia, spesa, poste). E occorre anche portare i ragazzi alle attività extra-scolastiche, passare dai nonni ed andare in palestra. Tutto questo si traduce in una sola ed unica esigenza: la libertà di muoversi rapidamente.

Siamo arrivati al punto che per poterci muoverci rapidamente ognuno di noi possiede un veicolo personale che però resta parcheggiato il novanta percento della sua vita utile. In pratica, le auto che in questo momento sono in circolazione sono nove volte superiori all’effettivo fabbisogno di mobilità privata. Non è assurdo tutto questo?

E se invece di possedere un veicolo personale avessimo sempre sotto casa a disposizione a seconda delle nostre esigenze un qualsiasi veicolo, piccolo o grande, individuale o collettivo? Se avessimo questa certezza? Alla fine non è solo un problema di organizzazione?

Oggi disponiamo delle soluzioni e delle tecnologie per superare il concetto di possesso dell’automobile sostituendolo con quello di MaaS (Mobility as a Service). Si tratta solo di organizzarci meglio e rinunciare a possedere la nostra auto. Abbiamo tante cose personali che possono essere origine di soddisfazione. E’ davvero necessario per noi possedere un’auto? Siamo ormai ad un quarto del nuovo secolo e non riusciamo a superare il retaggio culturale di quello precedente? Non possiamo al tempo stesso parlare di Smart City e muoverci ancora come facevamo 50 anni fa.

Se non riusciamo ad organizzare diversamente il nostro modo di muoverci, noi che siamo l’unica specie intelligente sul pianeta, allora forse non meritiamo di sopravvivere.

Antropologia della ciclabilità urbana

Le città e i luoghi, oltre ai loro aspetti fissi e statici, sono definiti anche dal loro movimento. Un approccio alle mobilità significa che non possiamo capire persone, cose e idee solo radicate in luoghi specifici; dobbiamo anche prestare attenzione alle esperienze in movimento, ai flussi e alle reti che collegano gli esseri umani tra loro e con i non umani.

Questo nuovo paradigma ha portato sociologia e discipline umanistiche a prestare attenzione alla pratica mobile, compresa la ciclabilità. I primi studi antropologici hanno evidenziato che il ciclismo urbana urbano non è solo un movimento fisico da A a B, ma è anche una pratica culturale, sociale e politica influenzata dall’esperienze vissute.

Viaggiare in auto, utilizzare i trasporti pubblici, camminare e pedalare sembrano offrire livelli radicalmente diversi di potenziale di interazione, specialmente con persone al di fuori del proprio network sociale e con l’ambiente fisico. L’esperienza vissuta del ciclismo è un fenomeno complesso e sfaccettato che coinvolge aspetti fisici ed emotivi.

Tra i metodi di studio emergenti, sembra che l’auto-etnografia abbia più potenziale per comprendere le esperienze in movimento. Si tratta di un approccio etnografico interpretativo che cerca di descrivere l’esperienza personale per comprendere l’esperienza culturale. Le storie personali sono il nucleo principale e raccontare storie è il modo migliore per capire le esperienze soggettive del ricercatore che forniscono un modo utile di conoscere le esperienze culturali collettive.

Il punto di vista antropologico e l’applicazione della metodologia etnografica possono fornire preziosi spunti sulle dimensioni culturali, sociali, politiche ed emotive del ciclismo in vari contesti urbani. L’auto-etnografia può offrire una descrizione dettagliata dell’esperienza vissuta del ricercatore e collegarla a diverse dimensioni della pratica ciclistica.

Gli auto-etnografi del ciclismo descrivono le loro esperienze personali che esplorano i profondi strati dell’esperienza vissuta soggettiva e intersoggettiva legata alla specifica cultura ciclistica:

  • Spazio vissuto (spazialità)
  • Corpo vissuto (corporalità)
  • Tempo vissuto (temporalità)
  • Relazioni umane vissute (relazionalmente).

L’interpretazione di questi mondi può fornire una comprensione più profonda dell’esperienza vissuta del ciclismo in vari contesti urbani. Queste dimensioni possono essere utilizzate come agenda di ricerca per studi futuri con l’obiettivo di comprendere l’esperienza vissuta del ciclismo dalla prospettiva dell’antropologia urbana.

Spazio vissuto

Il modo in cui percepiamo lo spazio è una questione impegnativa nelle esperienze quotidiane di mobilità. Guidare una bicicletta è una forma di resistenza spaziale che richiede la richiesta di spazio in una distribuzione diseguale dello spazio. Nella maggior parte delle città, gli spazi pubblici si presentano come uno spazio contestato per i ciclisti urbani.

Corpo vissuto

Il ciclismo è legato alle risorse corporee. Il corpo è il principale strumento attraverso il quale i ciclisti si muovono, esplorano e sperimentano l’ambiente circostante. Durante il viaggio, il mio corpo è il fulcro del mondo e sviluppa la mia conoscenza spaziale vissuta.

Tempo vissuto

Il ciclismo ha il suo ritmo ciclico unico, a seconda del nostro genere, delle nostre capacità fisiche e del tipo di bicicletta, che si integra con il polso e il ritmo della città e crea un’esperienza unica all’interno degli spazi urbani.

Relazione umana vissuta

Essere e interagire con gli altri è il fondamento della vita quotidiana. Il ciclismo ha una pluralità di significati ed è influenzato da una miriade di dinamiche sociali. È un processo sociale che estende le relazioni sociali attraverso aspetti degli spazi urbani all’interno di un contesto specifico che migliora gli ambienti sociali.

La Città delle Competenze

Mercoledì 25 ottobre presso la sala del CUBO di Via Spezia 90, avrà inizio una rassegna di quattro appuntamenti chiamata “EP TALKS – LA CITTA’ DELLE COMPETENZE” organizzati dal Gruppo Consiliare Effetto Parma.

Gli eventi saranno condotti da alcuni rappresentanti istituzionali e associati di Effetto Parma che metteranno a disposizione le loro competenze professionali e passioni per sviluppere il tema della serata insieme ad ospiti che interverranno in qualità di esperti e testimoni.

Per questa prima edizione abbiamo scelto quattro temi: due di carattere sociale e altri due orientati agli aspetti urbanistici della nostra città. I quattro incontri si svolgeranno ogni quindici giorni, sempre di mercoledì sera al Cubo di via Spezia 90 a partire dalle ore 21.00.

Inizieremo dunque mercoledì prossimo parlando di mobilità con Oronzo Pinto e Mirko Reggiani, per poi passare la sera alle marginalità sociali con Doranna Bonfanti e Nadia Buetto e, dopo aver parlato di urbanistica con Michele Alinovi ed Elisabetta Quaranta, concluderemo con il tema della disabilità con Barbara Zallio ed Emma Manghi.

Ogni appuntamento si svilupperà in modo interattivo e sarà strutturato secondo la scaletta che i conduttori della serata vorranno proporre: gli interventi in sala saranno quindi arricchiti da immagini, video e collegamenti esterni. E non mancherà certamente il dialogo con il pubblico.

25 ottobre – La città delle Competenze
con Oronzo Pinto e Mirko Reggiani

8 novembre – I miracoli della Corte
con Doranna Bonfanti e nadia Buetto

22 novembre – Come cambia Parma
con Michele Alinovi ed Elisabetta Quaranta

6 dicembre – La forza della fragilità
con Barbara Zallio ed Emma Manghi

Superare l’Abisso Ideologico per un Futuro Sostenibile

Che lo si voglia o meno, i progressi tecnologici sono inarrestabili. La rapidità con cui una nuova tecnologia si diffonde dipende da numerosi fattori, tra cui la motivazione degli innovatori. Questi progressi abbracciano una vasta gamma di settori, dal miglioramento della salute all’offerta di servizi, dall’educazione alla difesa nazionale.

Viviamo in un’epoca in cui il modello di vita costruito nei precedenti cento anni sta mostrando chiaramente i suoi limiti fisici. Il nostro pianeta soffre gravemente, e questa è ormai una realtà riconosciuta da tutti, sebbene non tutti siano disposti ad ammetterlo.

Da ciò scaturisce un notevole scetticismo verso le soluzioni che propongono un radicale cambiamento nello stile di vita o che mettono in discussione alcune convinzioni ormai profondamente radicate nella nostra cultura, considerate quasi inamovibili. Tra queste, l’uso e il possesso dell’automobile rappresentano un esempio emblematico.

La questione della mobilità su autovettura privata è particolarmente significativa perché l’avversione verso il passaggio alla propulsione elettrica è alimentata non solo da ragioni pratiche ma anche da ostilità ideologiche, spesso radicate nel pensiero negazionista del cambiamento climatico.

Le critiche classiche riguardo alla propulsione elettrica, quali il costo elevato, l’inefficienza, la gestione dei rifiuti e l’approvvigionamento di energia da fonti fossili, richiamano alla mente le stesse obiezioni avanzate quando sono state introdotte nuove tecnologie come il telefono, la radio, la televisione, i telefoni cellulari e internet.

Questa posizione pregiudiziale, tuttavia, trascura la rapidità con cui le nuove tecnologie si diffondono, abbassando i costi di produzione e migliorando l’efficienza dei veicoli elettrici. È molto probabile che l’industria automobilistica sarà pronta per il completo passaggio all’elettrico molto prima del previsto termine del 2035.

Il problema principale è che il dibattito, spesso intossicato da posizioni ideologiche, rischia di perdere di vista l’essenza della questione. Il progresso tecnologico ci sta conducendo verso una realtà in cui l’auto personale o familiare sarà sempre meno comune. Le città si stanno già trasformando e riorganizzando i propri spazi per favorire la mobilità condivisa, che occupa meno spazio e offre maggiori opportunità. Tra cinquant’anni, guardando le foto delle città attuali con le auto parcheggiate ovunque, i nostri nipoti sorriderebbero divertiti.

Come dimostra chiaramente la curva di Rogers, il progresso è inevitabile, e possiamo scegliere di aderirvi o meno, ma solo fino a un certo punto. Quindi, è essenziale affrontare la questione della mobilità con fiducia, consapevoli che ciò che oggi sembra assurdo diventerà la normalità di domani.

Attualmente, siamo probabilmente vicini al passaggio cruciale tra i visionari e la maggioranza iniziale. Questo è il momento più critico, noto come “abisso”, che, una volta superato, ci condurrà in un nuovo presente in cui l’auto sarà solo elettrica. Grazie a questo “salto”, sarà più facile considerarla un servizio da utilizzare anziché un oggetto da possedere. Solo allora potremo dire di aver davvero cambiato secolo.

I giovani usano meno l’automobile

La tendenza risulta pressoché la medesima a livello internazionale: le nuove generazioni sono meno propense a prendere la patente, e in ogni caso tendono a passare meno tempo al volante. In un mondo che deve ridurre le emissioni da combustibili fossili, questo è certamente un bene.

Negli Stati Uniti il fenomeno particolarmente evidente. Per effetto delle lunghe distanze, storicamente negli USA si guida tantissimo: nel 2022 in media gli statunitensi hanno percorso 23 mila chilometri a testa. Ma se nel 1997 il 43% dei sedicenni era patentato, nel 2020 questa percentuale si è abbassata al 25%. Se nel 1983 solamente 1 statunitense su 12 di età compresa tra i 20 e i 24 anni non aveva la patente, oggi accade a 1 statunitense su 5. E ancora, stando all’Economist, tra il 1990 e il 2017 la distanza percorsa mediamente dagli adolescenti patentati negli USA si è ridotta del 35%.

Anche in Europa i giovani guidano sempre meno. Grazie ai trasporti pubblici più efficienti, nel Vecchio Continente in generale si guida meno. Uno studio di Civitas condotto su 5 capitali europee come Berlino, Copenaghen, Londra, Parigi e Vienna ha dimostrato che gli spostamenti in auto per recarsi a lavoro sono in continua decrescita fin dagli anni Novanta. Nel Regno Unito negli ultimi 20 anni la percentuale di adolescenti patentati si è abbassata dal 41% al 21%. Guardando all’Italia, si scopre che nei primi anni 2000 si parlava di un milione abbondante di patenti all’anno; nel 2012, anno di maturità degli ultimi Millennial, il dato era sceso a 723 mila. Certo, nel 2021 si è tornati a 975 mila, ma sono da mettere in conto le tantissime patenti “ritardate” dal lockdown.

La mobilità sta cambiando, e i giovani guidano sempre meno. Per i più diversi motivi: in buona parte perché, perlomeno in città, si sono moltiplicate le forme di trasporto alternative, dai mezzi pubblici ai monopattini elettrici fino alle e-bike. C’è chi ha fatto notare che anche la crescita dell’intrattenimento domestico, dai contenuti in streaming ai videogiochi, ha reso meno attraente il fatto di spostarsi; allo stesso modo, anche la possibilità di lavorare da casa può avere degli effetti sul numero di nuove patenti emesse. E ancora, non può essere trascurata la carenza di stipendi adeguati per tantissimi giovani, a fronte di costi importanti per l’acquisto e il mantenimento di un’auto.

Certamente un fattore determinante è quello delle preoccupazioni per il cambiamento climatico, con le automobili private che stanno assumendo una connotazione negativa per una fetta importante della popolazione più giovane. Ci sono insomma numerosi segnali confortanti sul cambiamento culturale in atto.

SMART2GO #23.09

Anche se ogni singolo movimento in ambito urbano ha un impatto ridicolo, il 70% degli essere umani abita in aree urbane e la somma dei loro microspostamenti produce effetti devastanti per il pianeta. Per questo motivo ognuno deve fare la sua parte.

Ecco i topics della Newsletter di settembre: